Festival della Serie A, Giuseppe Corrado: “Un allenatore incide come un pilota in Formula Uno. Il progetto della scuderia lo prevalica”

Nel Festival della Serie A, in programma da oggi fino a domenica a Parma, l’evento clou sarà il sorteggio per i calendari del prossimo campionato. Di contorno sono previsti vari panel tematici, tra cui oggi si è svolto quello dal titolo “Welcome Back in Serie A” , moderato dal Direttore di Tuttosport, Guido Vaciago, dove sono intervenuti tre rappresentati delle società neopromosse. Tra questi, a rappresentare il Pisa Sporting Club è intervenuto il Presidente Giuseppe Corrado.

Il primo quesito posto ai partecipanti è rivolto al ritorno in categoria, cosa ho portato alla società e alla piazza. Così ha risposto il Presidente Corrado: “Siamo arrivati in una società senza acqua calda negli spogliatoio, che nel giro di due settimane sarebbe arrivata al fallimento. Abbiamo iniziato subito una ricostruzione societaria che è arrivata a questo traguardo. Per i tifosi e la piazza è iniziato un ritorno che aspettavano da tanti anni, è stato liberarsi da un macigno, con dei festeggiamenti che ancora non sono finiti. E’ una festa continua, c’è molta passione in tutta la provincia. E’ stata la realizzazione di un sogno che dopo la finale con il Monza ormai la piazza si stava aspettando. Abbiamo ricostruito il progetto dopo quella finale, siamo ripartiti con una squadra giovane, ma strutturata, realizzando l’obiettivo“.

La discussione prosegue concentrandosi alle difficoltà del calcio italiano ad affrontare i cambiamenti globali, come il mondiale del club che sta per iniziare. Interessante per il moderatore Vaciago il punto di vista di tre provinciali, come le squadre neopromosse: “Negli anni ’80 il calcio si è industrializzato, ma non completamente a livello di gestione. Servono idee, managerialità. Un calciatore che smette non è per forza grande manager appena finita la carriera, tutt’altro. Il calcio è un’industria che se affrontata bene permette al prodotto di restare sul mercato. Ma se la deve guadagnare e meritare. Una squadra di calcio è una catena, dove l’allenatore è un anello, i calciatori altri. Nessuno è fondamentale, l’allenatore può essere sostituito. L’importante resta la società che deve riuscire a sopperire ed arrivare ai risultati in maniera adeguata, ma deve dare continuità. Il Pisa era nono come monte ingaggi ma è venuto in Serie A, Palermo e Sampdoria avevano un monte ben superiore ma non ci sono riuscite. Le idee possono compensare le potenzialità economiche, quest’ultime servono, ma se l’azienda non si autofinanzia è dura. Il calcio va fatto per la gente, garantendo la continuità, non il seguire il risultato veloce che porta un’altrettando veloce discesa. Le squadre di provincia debbano guadagnarsi il loro spazio e, come ha dimostrato l’Atalanta, si possono raggiungere anche risultati importanti a livello europeo.”

Sui diritti tv e gli introiti il Presidente conferma la linea già enunciata in passato, sul non accentrarli nel fatturato: “Nell’ambito del sistema ognuno può guadagnarsi una fetta importante in base al risultato sportivo. Però è un’azienda che deve vendere il proprio brand, attraverso le proprie infrastutture che può creare il proprio valore. Ma è anche una fabbrica di talenti, la società top non ha manco interesse a crearselo. Le squadre di fascia più bassa hanno invece questo interesse, che vanno sopra ai diritti televisivi. La società deve attivarsi per creare valore, poi ci sono territori più o meno favorevoli. A Pisa beneficiamo di valore internazionale con il brand e il turismo che passano dalla città, ognuno nel proprio territorio deve avere questa particolarità mettendo da parte l’ossessione del risultato sportivo. Piuttosto creare qualcosa di esterno che porti al risultato sportivo.

Il Presidente del Pisa resta sempre molto attento anche al merchandising: “Un settore che crea difficoltà alle new entry. Se il Real e il City fanno questi milioni di merchandising, non è un colpa. Piuttosto una cultura di lavoro e ambiente. Avrebbe potuto farlo anche l’Inter. Ogni nazione ha la sua nicchia di mercato, la nicchia di chi si deve salvare è fatta di 6-7 squadre. Sarà difficile che una squadra di questa nicchia partecipi al mercato del mass-market, ma non impossibile. I miracoli possono succedere, basta vedere il Leicester. Ognuno deve sapere convivere nella sua nicchia di mercato attraverso i meccanismi che la sua nicchia gli offre; ognuno deve ragionare e coltivare con il proprio terreno a disposizione.

La discussione prosegue sulle importanti proprietà internazionali in Italia e i loro investimenti: “L’azionista americano a Pisa è arrivato da tre anni, l’opera di salvataggio è stata fatta dal sottoscritto con un altro investitore italiano. L’entrata dell’azionista estero è un gesto di fiducia nei confronti del nostro lavoro. Il profilo di strategia dipende dalla società. Il nostro partener non vuole fare ciò che stanno facendo a Como, noi vogliamo creare qualcosa di virtuoso, non gettare 300-400 milioni stagionali a perdere come stanno programmando in riva al Lario.

Un occhio anche all’approccio personale al lavoro nel calcio: “Io ho operato in tanti settori industriali, spaziando molto. Il mio lavoro mi ha sempre divertito. Il calcio era una passione giovanile, un hobby. Ma il termine di divertimento è sempre lo stesso, adesso semplicemente mi diverto meno a guardare le partite, ma perché soffro di più!

Infine la domanda più sentita in città in questo periodo, relativa a quanto possa incidere un allenatore all’interno della società. Il Presidente si lascia andare forse a qualche frecciatina: “Secondo me vale 20-25%, come un pilota in Formula Uno. Vale più la progettazione della scuderia o il pilota? Io credo che un allenatore fa parte della catena, è sicuramente importante. E’ importante averlo come impatto mediatico, a volte esprime anche opinioni diverse da quelle societarie. Ciò non avviene nelle grandi società che stabiliscono le regole precedentemente. La società conta sempre di più!”