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Riceviamo e pubblichiamo integralmente la nota pervenutaci dal sindaco di Cascina di Michelangelo Betti.
Da mesi la Società della Salute Pisana si trova al centro di un dibattito politico lontano dai cittadini, che mina però la stabilità di servizi essenziali e destinati prevalentemente alla fascia più fragile della popolazione.
Chi ricopre un incarico istituzionale, a qualsiasi livello, ha enormi responsabilità a partire da una corretta e chiara comunicazione dei fatti alla cittadinanza al fine di tutelarne interessi e bisogni. Sono gravi e quanto di più distante dalla realtà, ma soprattutto dai bisogni delle persone, le dichiarazioni uscite dal Comune di Pisa sui motivi che hanno portato a deliberare l’uscita dal Consorzio. Non è di certo lungimirante la scelta politica e quindi si presentano considerazioni tecniche di esile fondamento. Che si tratti di scelta politica lo dimostra l’intervista di poche settimane fa di Edoardo Ziello, in cui il deputato afferma che l’uscita dalla SdS risale al 2017 e che quindi niente ha a che vedere con le attuali difficoltà del Consorzio. Difficoltà aggravate da un’azione di destabilizzazione messa in campo negli ultimi mesi dal Comune capoluogo.
Dalla fine del 2024 la giunta pisana ha scelto per due volte di votare contro l’aumento della quota capitaria, determinando di fatto l’interruzione di alcuni storici progetti della SdS Pisana. Progetti salvati con il subentro dello stesso Comune nei servizi, con l’unica differenza di avere tutti i costi a loro carico e con il rischio di perdere quella professionalità maturata negli anni e che solo una corretta integrazione tra i servizi sociosanitari e socioassistenziali riesce a garantire.
Va anche chiarito che il Consorzio senza il Comune capoluogo non ha la maggioranza utile per deliberare un aumento strutturale della quota capitaria: gli atti fondamentali che ne regolano l’attività non lasciano spazio a dubbi. Pisa ha inoltre scelto di sfuggire il confronto istituzionale tra gli enti, preferendo rivolgersi alle aule dei tribunali, peraltro negando il pagamento di quanto dovuto per servizi già erogati ai cittadini e precludendo la possibilità di aumentare le risorse a disposizione per migliorare la quantità e la qualità dei servizi agli altri Comuni del Consorzio.
Nessuno ha chiesto a Pisa di farsi carico della “salvezza del Consorzio”, l’unico appello rivolto in questi mesi è stato un invito alla collaborazione e al rispetto istituzionale nell’interesse della salvaguardia dei servizi e conseguentemente dei diritti delle persone a cui questi sono rivolti e dei tanti lavoratori e lavoratrici che svolgono con competenza e professionalità le tante attività.
Non è fondato dire che Pisa ha sempre onorato i propri impegni. Se questo fosse vero, il deficit patrimoniale del Consorzio sarebbe certamente inferiore, dato che il Comune di Pisa negli anni passati ha usufruito di servizi su delega diretta e non associata che ad oggi ancora non trovano copertura economica.
Infine le ripetute assenze del Comune dalle assemblee degli ultimi mesi hanno determinato uno stallo di programmazione riconducibile all’impossibilità di trovare un accordo sul piano di rientro, seguendo il dispositivo del regolamento di contabilità del consorzio secondo cui tale rientro debba avvenire tramite “apposito accordo con le Amministrazioni Comunali volto ad identificare i maggiori trasferimenti dai medesimi Enti”.