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Diritti in Comune sull’Università: “Ripensare il modello di città”

La campagna di Confcommercio contro la decisione dell’Università di Pisa di ridurre la didattica in presenza e i servizi agli studenti a causa del Covid-19, accompagnata dagli attacchi della Lega e del sindaco Conti, rivela una grande miopia“. Si esprime così Diritti in Comune riguardo alla polemica che si trascina ormai da mesi attorno alla decisione dell’Università di Pisa di ridurre drasticamente le ore di didattica in presenza per far fronte all’emergenza Coronavirus. “Si vuole a tutti i costi tenere in piedi una economia di rendita e di sfruttamento della presenza degli studenti, di cui la pandemia sta rivelando tutta la fragilità. L’unico problema sembra essere quello delle agenzie immobiliari e di chi affitta, spesso a caro prezzo o al nero, ai fuori sede, o degli esercizi commerciali che perdono la clientela studentesca o di chi lavora all’università“.
Per risolvere i problemi causati direttamente o indirettamente dalla pandemia, a partire dalla (ci auguriamo temporanea) riduzione delle attività universitarie, la prospettiva va completamente ribaltata. L’Università deve aumentare i propri sforzi per garantire il diritto allo studio di qualità. Come per lezioni dei corsi di laurea con meno iscritti, per gli esami e le manifestazioni di ateneo, va predisposto un protocollo per poter studiare al chiuso e per potersi laureare in presenza, con un pubblico contingentato. Così come andrebbero riaperte, con regole adeguate, le aule studio al chiuso. L’amministrazione comunale, invece di schierarsi per partito preso con Confcommercio, aprendo un conflitto sconsiderato con l’ateneo, avrebbe dovuto svolgere un ruolo attivo facendo la propria parte: investire risorse per calmierare i prezzi degli affitti e incoraggiare la presenza degli studenti in città; mettere propri spazi a disposizione per aule studio al chiuso, nel rispetto delle necessarie precauzioni. L’unica cosa che è stata in grado di fare è, invece, proseguire la propria campagna anti-movida a colpi di ordinanze contro il “degrado”, mettendo in luce una evidente contraddizione: da un lato si vuole che l’università riapra e gli studenti tornino in città; dall’altra si vuole che spendano soldi e “facciano girare l’economia” ma senza dare fastidio, e soprattutto senza offrire loro adeguati spazi di socialità e iniziative culturali attraenti. Nessuna risorsa da parte della destra, a differenza di quanto avviene in altre città universitarie, per politiche sociali a favore degli studenti“.
Pisa, storica città di studi universitari e di cultura, merita di più che queste campagne miopi ed elettoralistiche, che non risolvono i problemi e che restano ancorate a una “normalità” che la pandemia ci costringe a ripensare“.