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A Pisa chiuderanno 27 imprese al giorno: la stima di Confcommercio Pisa in caso di un nuovo lockdown

“In caso di un secondo lockdown, da marzo di quest’anno al 31 dicembre, si prevede la chiusura definitiva di oltre 8 mila aziende pisane del commercio, turismo e servizi, praticamente 27 attività al giorno che chiuderanno definitivamente la saracinesca. “Uno scenario apocalittico, che ci porta a manifestare sotto la Torre, il massimo simbolo di Pisa, nella speranza che chi ci governa si ravveda e ci permetta di continuare a lavorare a dare lavoro, nel rispetto assoluto dei protocolli di sicurezza” – annuncia la presidente di Confcommercio Provincia di Pisa Federica Grassini che non dimentica i 17 miliardi di euro di consumi in meno a causa delle ultime restrizioni governative.

La salute delle imprese del terziario

Che le imprese del terziario siano “malate” di Covid non è purtroppo una sensazione, ma una realtà oggettiva testimoniata dall’ultima ricerca di Confcommercio Toscana e Format research. La previsione pessimistica rilevata da qui a dicembre è legata alle incertezze correlate alla seconda ondata di contagi da COVID-19 e alle misure restrittive che saranno adottate, vero e proprio spettro per gli operatori del territorio: il 72% delle imprese NON reggerebbe un nuovo lockdown, che comporterebbe ricadute irreversibili specialmente per il turismo e la ristorazione. Anche dal punto di vista dei ricavi, la ripresa rischia di essere messa in discussione dalle mosse delle prossime settimane. La risalita della curva dei ricavi non sarà sufficiente a recuperare il terreno perduto e nel 2020 in Toscana andranno in fumo 12 MLD € (-13,8% sul 2019, peggio della media nazionale), anche a causa del contributo negativo del turismo, che ha fatto segnare un tonfo su base tendenziale (-59% arrivi, -61% presenze). A peggiorare lo scenario, le prospettive occupazionali: già 104 mila le assunzioni in meno nel terziario sul 2019, con prospettive nefaste da quando cesserà il divieto di licenziamenti.

Tasse

“Manifestiamo contro la paura, contro lo spettro dei fallimenti, contro chi esige nonostante tutto il pagamento delle tasse, Irpef, Irap, Ires, Tari, Iva e contributi anche dei mesi di lockdown, quando sappiamo bene che l’85% delle imprese della ristorazione, l’81% di quelle turistiche, e il 72% del commercio no food hanno comprensibilmente enormi difficoltà nel rispettare le scadenza fiscali. E adesso, con le tredicesime come faremo, quando lo Stato ci ha già richiesto gli acconti sul 2020. Nel frattempo le bollette sono aumentate da ottobre del 15%, mentre i cosiddetti “ristori” sono offensivi per coloro che sono chiusi e inesistenti per chi è ancora aperto a fatturato quasi zero. E allora, se vogliono fare qualcosa di concreto davvero, ci cancellino le tasse e i debiti accumulati in questo anno terribile, anche perché con questa seconda ondata la crisi di liquidità delle imprese si è aggravata ulteriormente”.

Usura e Malavita

Dietro tutto questo lo spettro dell’usura e della malavita: “Purtroppo l’indagine non lascia spazio a dubbi: ben il 70% dei commercianti turismo dei pubblici esercizi teme l’incedere dell’usura, e il 59% di loro i tentativi della malavita di impadronirsi delle nostre aziende. Sarebbe il colpo di grazia definitivo e #chiusipersempre non sarebbe più soltanto uno slogan”.