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Libera Pisa e Libera Toscana sull’inchiesta Keu

«Se i fatti venissero confermati, saremmo di fronte all’affermazione spregiudicata di interessi privati criminali che, in contrasto al pubblico interesse ed alla cura del bene comune, si sarebbero dimostrati disposti a calpestare senza ritegno beni essenziali della vita naturale e sociale, come la salute, la terra, l’acqua, le forme di rappresentanza e di partecipazione civile, politica e democratica». Parte da qui l’analisi di Libera Pisa sull’inchiesta Keu condotta dalla direzione distrettuale antimafia di Firenze sulle presunte irregolarità nello smaltimento dei rifiuti nel comprensorio del Cuoio. Per dire, però, che «preoccupa» sicuramente anche «l’apparente disinvoltura con cui alcune imprese sembrerebbero disponibili ad accordarsi con interlocutori criminali alla confluenza di interessi reciproci», ma soprattutto desta apprensione «la debolezza del sistema politico contestuale all’ingerenza di interessi particolari criminali». Per l’associazione, infatti, «Non è sufficiente esprimere “piena fiducia nella magistratura e nel lavoro delle forze dell’ordine, con la speranza che sia fatta chiarezza quanto prima”» dato che «quella che si sta consumando è una crisi politica, istituzionale e culturale che coinvolge un’intera comunità – sottolinea l’associazione-: la politica sembra aver perso un forte riferimento etico, con delle strutture-partito ridotte sempre più a comitati elettorali privi di una forte e solida base popolare e questa intrinseca debolezza la espone al rischio di trovarsi assoggettata a interessi economici di parte e alle trame oscure della sinergia tra criminalità mafiosa e massoneria deviata» Da qui l’invito: «Che questa vicenda sia anche un’occasione per tornare a riflettere sul ruolo dei partiti e sul tema del loro finanziamento, che deve tornare ad essere pubblico e trasparente»

Nell’indagine della direzione distrettuale antimafia di Firenze, infatti, “opacità” ne sono emerse parecchie: «Gli annuali rapporti sulle ecomafie, che pongono la Toscana al sesto posto nazionale nella graduatoria del numero di reati contro l’ambiente – scrive Libera – ci allertano già da molto tempo sulle criticità sistemiche di alcuni nostri comparti produttivi, che lungi dall’orientarsi realmente verso un processo di economia circolare, continuano a trovare economicamente più conveniente rivolgersi a gruppi mafiosi per la gestione e lo smaltimento dei rifiuti speciali. Il tutto avallato da un susseguirsi di deroghe che va avanti da anni, fino al tentativo di declassificazione votato a maggio del 2020 dal Consiglio Regionale, con un emendamento ad una legge (poi impugnata per incostituzionalità dal Ministero dell’Ambiente presso la Corte costituzionale) che rappresenta il cuore del supposto coinvolgimento della politica nell’inchiesta attuale».

Ne consegue che «tutti gli attori economici e sociali, i partiti in primo luogo, sono chiamati a restituire senso, etica e  prospettiva alla loro attività, in relazione non solo al contrasto alle mafie, ma anche – e forse prima ancora – alla tutela del bene comune: trasparenza, etica e integrità devono tornare centrali nelle agende di ciascuna comunità, in primis delle forze politiche, ma anche del mondo delle imprese e delle professioni».

Sul punto specifico, peraltro, torna ad intervenire anche don Andrea Bigallireferente regionale di Libera Toscana: «È urgente che i partiti politici si pronuncino, prendano la risoluzione di chiedere ai propri membri assoluta correttezza e fedeltà al patto implicito che si sottoscrive con il proprio elettorato e con le popolazioni che si andranno ad amministrare – scrive in una nota (in allegato) . Occorre un nuovo patto – questo esplicito – che diventi normativo per chi decide di fare vita politica. Le varie carte etiche variamente proposte e sottoscritte evidentemente non bastano più. Occorre serietà, severità e determinazione». Conclusione: «Essersi liberati del finanziamento pubblico dei partiti in modo frettoloso sta producendo i suoi effetti: abbiamo buttato via uno strumento importante, quando in parte era guasto, senza cercare di ripararlo e senza avere niente di altrettanto valido con cui sostituirlo».