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“Il lupo di Skopje”, il nuovo libro della scrittrice e drammaturga Annick Emdin verrà presentato martedì 11 ottobre alle ore 18.00 presso la Gipsoteca di Arte Antica a Pisa

Un ragazzo, Jan, si getta da un viadotto e una donna, Clémence, si getta nel fiume, d’istinto, riuscendo a salvarlo: da questo incontro nasce un rapporto difficile, controverso, che li legherà in un continuo andare e tornare dall’abisso, quell’abisso che non è soltanto il vuoto tra il viadotto e il fiume, ma il vuoto con cui tutte le persone si trovano a dover fare i conti. Jan e Clémence sono due dei protagonisti de “Il lupo di Skopje”, il nuovo libro di Annick Emdin, edito da Astoria, che sarà presentato da Francesco Strazzari, docente di Relazioni Internazionali della Scuola Superiore Sant’Anna, nell’appuntamento di martedì 11 ottobre alle ore 18.00 a Pisa, presso la Gipsoteca di Arte Antica, in via San Paolo all’Orto 20.

  “Racconto una storia di violenza, di abbandono, ma anche e soprattutto una storia d’amore, l’amore di chi non distoglie lo sguardo dall’altro, dal mondo”, commenta Annick Emdin che, per questo romanzo di formazione che cita nel titolo la città macedone, ha scelto un ritmo narrativo serrato, reso tale da un uso magistrale dei dialoghi.

  Annick Emdin è scrittricedrammaturgaregista teatrale (Matrioska,Bambole UsateMedeaLa sposa guerraLa morte non esiste alcuni dei suoi titoli) e sceneggiatrice (L’ombra del giorno, di Giuseppe Piccioni). È nata a Pisa dove si è laureata in Discipline dello Spettacolo e ha conseguito un master in Sceneggiatura e Drammaturgia presso l’Accademia Silvio D’Amico di Roma.

  “Il lupo di Skopje”: una sintesi. Clémence, intenditrice d’arte che vive un’ esistenza agiata e monotona, e Jan, il giovane attraente e disperato che salva, sono soltanto due dei protagonisti del libro: attorno a loro ci sono Davide, il compagno di Clémence, e Magdalena, la cui storia, narrata in alternanza a quella di Jan e Clèmence, si rivelerà indissolubilmente legata alla loro: una bambina non voluta, nata in Macedonia, battezzata nel tentativo di proteggerla dal peccato dell’abbandono, peccato  che non si cancella con un semplice segno. “Così – spiega Annick Emdin – questa bambina crescesenza crescere davvero, cercando negli occhi di chiunque qualcosa che la porti lontano dall’orlo del baratro.  Ma seppure proviamo in tutti i modi a distogliere l’attenzione dall’abisso dentro di noi, l’abisso resta sempre lì. Nelle sue profondità non conta altro ed è lì che le anime di Clémence, Jan e Magdalena si incontrano e le loro storie si intrecciano”.