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Libera Pisa: “Non avvezzi alla prima pagina. L’edicola come strumento di legalità”

«Non siamo avvezzi alla prima pagina; ci accontentiamo dell’entusiasmo di
tanti volontari e volontarie
che, con niente e senza sovvenzioni, cercano ogni giorno in silenzio di costruire percorsi di legalità e giustizia sociale. Da anni mostriamo con nomi e numeri, specialmente in regioni tradizionalmente estranee al fenomeno della criminalità organizzata, il metodo silenzioso usato dalle mafie che, a colpi di denaro, s’insinuano nell’economia reale e ne
distruggono il tessuto sano».
Così in una lettera firmata da volontari e attivisti del Coordinamento provinciale di Pisa dell’associazione Libera, associazioni nomi e numeri contro le mafie, per commentare le recenti notizie sulla “nuova edicola della legalità” che dovrebbe sorgere in Piazza
Santa Caterina.

«Per questo, – proseguono – quando 9 anni fa la rete di associazioni che costituisce Libera ha scoperto che in Toscana, a Pisa, in Borgo Stretto un’edicola era stata confiscata alla criminalità organizzata (a Cosa Nostra, per essere precisi), si è sentita in dovere di promuovere (non gestire!) il riutilizzo di un’impresa confiscata ai sensi e nello spirito della legge 109/1996. Da lamiera, quel chiosco era divenuto la prova tangibile dell’infiltrazione nell’economia legale delle mafie in provincia e, al contempo, aveva mostrato che il suo riutilizzo poteva costituire un simbolo di riscatto e di speranza; tanto acclamato da quelle istituzioni che lo stemma avevano voluto ben in
vista al taglio del nastro, quanto dalle stesse trascurato, quando i costi della legalità avevano impedito alla saracinesca di rialzarsi, dopo 3 anni e mezzo di un percorso che, senza clamori mediatici, aveva dato lavoro a giovani di categorie svantaggiate e fatto transitare da lì centinaia di studenti in formazione, dalle primarie ai Master universitari».

«L’indifferenza – aggiungono – ha poi strappato il velo sulla parola “Legalità”, un valore di cui si percepisce a pieno l’importanza solo quando viene a mancare, proprio come la Libertà».
Da qui, il riferimento alle recenti notizie riportate da alcune testate della stampa locale: «Per questi motivi, almeno per quanto ci riguarda, la legalità sbandierata in prima pagina è un titolo a cui non siamo avvezzi. Libera non ha diritti di primogenitura, né monopoli; per questo “l’edicola di Libera”
è un’etichetta che ci è sempre stata stretta, perché nasconde il rischio di una delega
. Libera non gestisce, promuove, e promuovere significa coinvolgere e chiamare ad una corresponsabilità tutte le istituzioni che hanno a cuore una cultura di legalità. È in questa ottica che un anno e mezzo fa interloquimmo con l’Agenzia Nazionale per i Beni Sequestrati e Confiscati e segnalammo all’Amministrazione la presenza di terreni confiscati a Marina di Pisa, per favorire l’avvio dell’iter di acquisizione al patrimonio del Comune. Alla segnalazione accompagnammo anche una bozza di idee di riutilizzo, frutto della elaborazione condivisa da diverse associazioni. A differenza di quanto avvenuto, ci sarebbe parsa normale una interlocuzione nei mesi successivi, anche in occasione dell’approvazione del Regolamento comunale sul riutilizzo dei beni confiscati, almeno alla luce del percorso di confronto sul futuro dell’edicola
».
«Siamo in cammino da quando all’inizio di gennaio 2020, alle prime ore dell’alba in silenzio e senza concertare con le altre istituzioni preposte a tutelare i beni confiscati, la “carcassa di ferro degradata” venne rimossa da Borgo Stretto. Oggi siamo in vista di un traguardo a cui abbiamo lavorato per anni, non senza fatiche o difficoltà, di concerto con il Comune, la Prefettura e l’Università di Pisa. Uno spazio di partecipazione importante per la città e per tutte le realtà che saranno chiamate a gestirlo sarà messo a disposizione di tutti, in continuità con il progetto dei “Saperi della legalità” nato e vissuto con l’edicola».
E concludono: «Abbiamo ben presente che la vera sfida partirà dal giorno dell’apertura della nuova struttura in Piazza Santa Caterina e ripetiamo anche che non dovrà essere la sfida di Libera, ma della città e in primo luogo delle Istituzioni che a questo hanno lavorato». «Ci aspettiamo di poter
procedere con un metodo condiviso, trasparente e partecipato – così come la legge impone e l’opportunità politica consiglia. Senza un percorso condiviso di promozione della cultura dei beni confiscati, quei novanta mila euro non riapriranno l’Edicola confiscata alle mafie, ma un misero chiosco. Se così fosse, forse, sarebbero bastati pochi euro per sistemarlo e non rimuoverlo per poi ricollocarlo a caro prezzo.»