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Lirica, la Juditha Triumphans, per la prima volta nel Teatro di Pisa. Speciali promozioni per le donne e ingressi scontati a Palazzo Blu

Per la prima volta sul palcoscenico del Teatro Verdi di Pisa, venerdì 17 marzo alle 20.30 e in replica domenica 19 alle 15.30, va in scena Juditha Triumphans devicta Holofernis barbarie (RV 644), oratorio militare in due atti composto da Antonio Lucio Vivaldi (Venezia 1678-1741) su libretto in versi tardo latini di Giacomo Cassetti, ispirato alla storia biblica dell’omonimo libro del Vecchio Testamento.

La Juditha di Vivaldi è il quinto e conclusivo titolo della Stagione Lirica del Teatro di Pisa che la porta in scena come propria produzione in un nuovo allestimento firmato da Deda Cristina Colonna (regia), Manuela Gasperoni (scene e costumi) e Michele Della Mea (disegno luci). L’opera è anche una coproduzione con il Teatro Amilcare Ponchielli di Cremona. Sul podio dell’orchestra Auser Musici il Maestro Carlo Ipata, dirige il coro Arché il Maestro Marco Bargagna.

Della Juditha sono cinque i ruoli principali, tutti scritti da Antonio Vivaldi per timbri femminili, in ragione delle circostanze della sua messa in scena: l’esecuzione dell’oratorio era difatti destinata alle orfanelle dell’Ospedale della Pietà di Venezia alle quali il Prete Rosso insegnava l’arte della musica.

Due voci esperte del repertorio barocco e vivaldiano, entrambe contralti, interpretano i ruoli del titolo: Sonia Prina è Juditha, mentre Francesca Ascioti è Holofernes; negli altri ruoli: Miriam Carsana è Abra, Shakèd Bar è Vagaus, lo scudiero di Holofernes, Federica Moi è il sommo sacerdote Ozias. Anche il Coro dei soldati e il Coro delle Vergini sono composti da voci femminili.

L’opera, con il nuovo allestimento prodotto dal Teatro Verdi, sarà presentata dal direttore artistico Cristian Carrara nella consueta conferenza ante-Prima, aperta a tutti e a ingresso libero, in programma giovedì 16 alle 18 nel ridotto del Teatro. Seguirà come sempre un aperitivo offerto dalla Fondazione Teatro di Pisa.

  • ACQUISTO BIGLIETTI: DUE SPECIALI PROMOZIONI

Dal 7 all’ 11 marzo: sconto del 50% per le donne che si recano (o telefonano) al botteghino del Teatro Verdi

Dal 9 al 17 marzo: per chi acquista Juditha biglietto scontato per la mostra “I Macchiaioli” a Palazzo Blu e visita gratuita alla esposizione permanente e alla mostra “Immagini dal Ventennio. Pisa e il regime fascista (1922-1943)

La Fondazione Teatro di Pisa ha aderito al Marzo delle Donne, l’iniziativa patrocinata dal Comune di Pisa e dall’Assessorato alle Pari Opportunità, e ha inserito nel relativo cartellone di eventi il titolo in scena il 17 e il 19 marzo. Per promuovere e ampliare la possibilità di assistere alla prima assoluta sulla scena pisana della Juditha Triumphans, la Fondazione ha previsto uno speciale sconto per tutte le donne che, da martedì 7 a sabato 11 marzo, acquisteranno direttamente al botteghino del Teatro (o chiamando la biglietteria telefonica al numero 050.941188) uno o più

biglietti per una delle due recite della Juditha. Per ogni biglietto acquistato sarà applicato lo sconto del 50% sul prezzo intero del relativo settore scelto.

Alla rappresentazione dell’oratorio di Vivaldi è legata una ulteriore promozione esclusivamente dedicata da Palazzo Blu al pubblico della Juditha: da giovedì 9 fino a venerdì 17 marzo, chi acquisterà il biglietto per assistere all’opera, avrà diritto a un ingresso scontato – 8 euro anziché 15 – per la mostra “I Macchiaioli” (aperta fino a domenica 19 marzo) e potrà visitare gratuitamente la collezione permanente di Palazzo Blu e la mostra “Immagini dal Ventennio. Pisa e il regime fascista (1922-1943)”.

L’ingresso scontato alla mostra sarà subordinato alla presentazione del biglietto stesso o di una ricevuta attestante l’acquisto per la Juditha. Si ricorda che, nella Esposizione permanente di Palazzo Blu, si trovano due dipinti il cui soggetto è l’episodio biblico di Giuditta e Oloferne: si tratta della Giuditta e Oloferne, olio su tela del XVII sec. attribuito alla cerchia di Guido Reni, e della Giuditta e Oloferne, olio su tavola del XVI sec., di autore di ambito fiorentino.

Le immagini dei dipinti sono state gentilmente concesse da Palazzo Blu al Teatro Verdi di Pisa per la composizione e la stampa del libretto che sarà dato in omaggio al pubblico di entrambe le recite della Juditha. Nel libretto è inserita anche l’immagine di Giuditta (con la fantesca), olio su tela dipinto dal fiorentino Ottavio Vannini (XVII sec.) visibile nella tribuna della Cattedrale di Pisa. La Fondazione Teatro di Pisa ringrazia l’Opera della Primaziale Pisana per la gentile concessione dell’immagine.

Info biglietteria e sconti:

Il botteghino di via Palestro 40 è aperto dal martedì al sabato con orario 11 -13 e, nei giorni di martedì, giovedì e sabato anche con orario 16-19. La biglietteria telefonica risponde al numero 050.941188 dal martedì al sabato con orario 9-11 e, nei giorni di martedì, giovedì e sabato anche con orario 14 -16. È possibile anche l’acquisto online (gli sconti in questo caso non sono applicabili) dal sito www.vivaticket.com. Per informazioni: 050 941111.

LA JUDITHA TRIUMPHANS DEVICTA HOLOFERNIS BARBARIE

  • Le putte di choro e Antonio Vivaldi, il Prete Rosso

La trama in breve: Nabucodonosor, re degli Assiri, manda il suo esercito contro Israele per esigere i tributi; quando il generale Holofernes ordina l’assedio di Betulia, Juditha, giovane vedova ebrea, si reca da lui per implorare pietà. Il generale se ne innamora e lei gli fa credere di ricambiare per mettere in atto il suo piano di ucciderlo. Dopo un banchetto e molto vino, Holofernes cade addormentato e Giuditta lo uccide decapitandolo. Fugge infine dal campo nemico e torna trionfante a Betulia.

L’opera: Commissionato ad Antonio Vivaldi per celebrare la Repubblica di Venezia nella difesa vittoriosa di Corfù contro i Turchi (estate del 1716), l’oratorio (da alcuni studiosi definito melodramma travestito) utilizza la vicenda biblica della vedova ebrea Giuditta, che uccide il generale assiro Oloferne decapitandolo nel sonno, come allegoria della lotta militare. Anche i personaggi, come spiega nel libretto Giacomo Cassetti, hanno un dichiarato valore simbolico: Juditha è Venezia, Holofernes il sultano turco, la fida ancella Abra la Fede, la città di Betulia la Chiesa, Ozias il pontefice, quindi i Cristiani.

Di rara rappresentazione, l’oratorio della Juditha fu composto ed eseguito per la prima volta nel novembre 1716 dalle “putte di choro” del Pio Ospedale della Pietà di Venezia (oggi Santa Maria della Pietà), l’orfanotrofio dove nel 1701 Antonio Lucio Vivaldi fu chiamato come insegnante di violino e di viola all’inglese per occuparsi della formazione e della educazione delle giovani per le quali compose alcune delle sue più alte pagine musicali.

Considerato uno dei vertici del catalogo vivaldiano, la Juditha è opera preziosa e rara (il manoscritto autografo è conservato nella Raccolta Foà della Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino), essendo la sola partitura ancor oggi nota dei quattro oratori sacri composti dal ‘prete rosso’ che in questo titolo, per la prima volta, rivela le sue doti di compositore vocale oltre che strumentale.

Tra le particolarità di questa composizione, fortemente legata al contesto della sua destinazione, c’è senza dubbio la forte presenza delle figure femminili: i ruoli principali sono scritti per cinque soliste vocali (tre contralto: Giuditta, Oloferne e Ozias; due soprano: Vagaus e Abra), mentre un coro di donne canta le parti dei soldati assiri e delle vergini di Betulia. Oltre alla inusuale varietà timbrica, l’opera è assai ricca anche nell’organico strumentale: nell’orchestra figurano la viola d’amore, cinque viole da gamba, la tiorba, lo chalumeau (o salmoè, antenato dell’oboe o del clarinetto), l’organo.

Vivaldi, il Prete rosso: Al colore dei suoi capelli e alla sua interrotta carriera da sacerdote, Antonio Lucio Vivaldi deve il famoso soprannome di Prete rosso. A Venezia, dov’egli nasce il 4 marzo 1678, si mette in luce e coltiva il suo talento come violinista, insegnante e compositore. Figlio d’arte – il padre Giovanni Battista era violinista della cappella di San Marco -, Antonio Lucio era nato debole e gracile tanto che la madre Camilla Calicchio, si dice, fece il voto di dedicare a Dio la vita del figlio se fosse sopravvissuto. Così, a quindici anni Antonio Lucio intraprende il percorso per diventare sacerdote e viene ordinato nel 1703. Per le sue condizioni di salute sarà dispensato dalla celebrazione della messa ma ottiene l’incarico di insegnare il violino alle putte o figlie di choro dell’Ospedale della Pietà; l’anno seguente sarà il loro insegnante anche di viola e infine di ogni tipo di strumento ad arco, dalla viola d’amore fino al contrabbasso e al violoncello. Qui insegnerà, a fasi alterne, fino al 1740. Il suo impegno per le figlie di choro si esprime in una serie di composizioni per concerti (circa 250 per violino), cantate e musiche sacre. Il suo nome è legato in assoluto ai celeberrimi concerti delle Quattro stagioni, significativa è però anche la sua produzione per opere teatrali, tra le quali l’oratorio militare della Juditha Triumphans devicta Holophernis barbarie (1716) e la Olimpiade del 1734.

Prima a Roma e poi a Praga e Vienna, Vivaldi ambisce a diventare compositore alla Corte Imperiale, ma la morte di Carlo VI frena questa sua speranza. Nel 1741 Vivaldi morirà in povertà e per due secoli la sua musica finirà in una sorta di oblio.

La sua riscoperta avviene solo in età moderna per opera di diversi appassionati in diversi momenti e in varie parti d’Italia. Nel 1926, un importante corpus di 97 volumi manoscritti viene intercettato dal musicologo Alberto Gentili e da Luigi Torri, direttore della Biblioteca nazionale di Torino, i quali riescono ad acquistarlo dai salesiani che lo avevano ereditato dal marchese Marcello Durazzo nel Monferrato e lo avevano posto in vendita. Un altro cospicuo fondo si trovava nel palazzo di un altro Durazzo, a Genova, dove il mecenate Filippo Giordano riuscì ad acquistarlo.

Un altro corposo pezzo della produzione vivaldiana viene recuperato nel 1936 grazie al conte Guido Chigi Saracini, al compositore Alfredo Casella, al poeta americano Ezra Pound e alla violinista americana Olga Rudge. Il materiale recuperato da questo gruppo di appassionati di musica antica e barocca (79 microfilm conservati nella Biblioteca di Stato di Sassonia a Dresda e 309 composizioni dei lasciti Foà e Giordano alla Biblioteca Reale di Torino) formeranno il primo

Catalogo tematico delle opere strumentali di Antonio Vivaldi pubblicato dall’Accademia Musicale Chigiana.

Una curiosità: tutte le opere di Vivaldi recano l’acronimo RV che rimanda alla formula Ryom Verzeichnis (elenco Ryom), dal nome di Peter Ryom che tra il 1974 e il 2007 le raccolse in un unico catalogo. In esso, la Juditha Triumphans Holofernis barbarie è indicata come RV 644.

LA CONFERENZA STAMPA: LE DICHIARAZIONI

Patrizia Paoletti Tangheroni, presidente Fondazione Teatro di Pisa:

“Sono felice di chiudere questa bella stagione di Lirica con la prima assoluta, sul palco pisano, della Juditha Triumphans devicta Holofernis barbarie di Antonio Vivaldi. Il pubblico di Pisa ha dimostrato di apprezzare la musica barocca, come è avvenuto con il grande successo del Giulio Cesare che abbiamo presentato nella scorsa stagione.

In questa occasione, la produzione degli allestimenti e del disegno delle luci si devono alle maestranze del Teatro di Pisa, che ora torna a produrre in maniera completa. La Juditha è un’opera tutta al femminile perché nell’oratorio i cinque ruoli principali sono stati scritti per voci femminili. Nel mese della donna è un piacere cantare le gesta di una coraggiosa eroina, che, con il suo valoroso gesto, capovolge le sorti della guerra salvando il suo popolo.

Desidero infine ringraziare Palazzo Blu dell’amichevole collaborazione per aver dedicato una importante offerta a chi avrà acquistato il biglietto per la nostra Juditha”.

Cristian Carrara, direttore artistico Fondazione Teatro di Pisa:

“Juditha Triumphans devicta Holofernis barbarie ha in sé moltissimi elementi di interesse e curiosità: è un’oratorio sacro militare, non un’opera lirica. Non è nato per essere messo in scena, ma la storia che racconta ha una tale potenza narrativa che abbiamo voluto trattare questo lavoro come se fosse una vera e propria sacra rappresentazione. Vivaldi scrisse queste pagine, tra le più belle della sua produzione, per le fanciulle dello Spedale della Pietà, a Venezia; nonostante nel libretto vi siano anche personaggi maschili (come Holofernes, Ozias e Vagaus), il Prete Rosso li affida tutti alle sue putte, cinque voci femminili dal registro mai troppo acuto. Come per quasi tutte le composizioni vocali di carattere sacro, la lingua utilizzata in questo lavoro è il latino. Per questa e per molte altre ragioni vale la pena lasciarsi sedurre e accompagnare dalla musica delicata, magnifica e potente di uno dei più grandi geni del periodo barocco”.

Deda Cristina Colonna, regia:

“Bernardina del Violin, Candida e Caterina della Viola, Lucrezia e Mariarosa del Violon, sono alcuni dei nomi delle figlie di choro per le quali Antonio Vivaldi compose la musica che esse eseguivano, nascoste da grate alla vista del pubblico che accorreva ad ascoltarle da tutta Europa, impegnandosi tra l’altro a non intraprendere mai una carriera nei teatri d’opera, anche quando fossero uscite dall’Ospedale della Pietà. Le orfanelle vestivano un’uniforme simile a un abito da religiosa; la divisa della Pietà era rossa. Nel nostro spettacolo, momenti di azione scenica si alternano a tableaux in cui la musica dell’oratorio è lasciata alla fruizione prevista dal compositore, basata sul sentire dell’orecchio e del cuore. L’uso della gestualità retorica settecentesca contribuisce a una resa teatrale del testo latino, in un agile dispositivo scenico in cui abbiamo immaginato che, per una volta, le figlie di choro potessero portare in scena il capolavoro vivaldiano mostrandosi al pubblico. In un tempo come il nostro, ancora piagato da guerre tra popoli, ci piace concentrarci sulle dinamiche della solidarietà tra i personaggi femminili, più che sulle ragioni della loro violenza sanguinaria”.

Carlo Ipata, maestro concertatore e direttore:

“L’oratorio Juditha Triumphans devicta Holofernis barbarie (RV 644) si presenta come una composizione di grandi proporzioni ed è uno dei punti più alti della produzione scaturita dalla incommensurabile vivacità musicale del Prete Rosso.. Le figlie di coro della Pietà erano giovani donne la cui abilità nel canto e nell’uso di strumenti permise a Vivaldi di scatenare la propria fantasia nelle pagine della Juditha il cui strumentario, quanto mai ricco, impreziosisce questa collana di 28 perle (Arie) di cui è formato l’Oratorio. Un esempio è l’Aria Veni, sequere fide dove Juditha canta la fedeltà della Tortora rappresentata dallo Chalumeau (uno strumento che si svilupperà nel clarinetto) accompagnato dai violini. E poi la Viola d’amore o le tiorbe, il mandolino, flauti dolci, oboi, e il Consort di Viole all’inglese, e un ensemble di Viole da gamba. Va ricordato l’uso del coro, tutto al femminile anche nelle tessiture gravi (utilizzato in questa produzione). La mancanza di un Testo (narratore) e il profilo drammaturgico dei personaggi aprono alla possibilità di un allestimento scenico che metta in risalto la forza espressiva e la teatralità di questa partitura. É con questi presupposti che presentiamo il nuovo allestimento della Juditha al pubblico del Teatro Verdi”.

Manuela Gasperoni, scene e costumi:

“La condivisione con la regista dell’idea dello spettacolo ha fatto emergere fin da subito l’esigenza di evocare sul palco spazi e ambienti diversi nei quali si svolge la storia. Si dovevano immaginare e trasmettere situazioni in interno, con zone di intimità, e luoghi esterni per azioni corali, che potessero convivere anche allo stesso tempo. Da queste suggestioni ho sviluppato un impianto progettando elementi che potessero dividere senza isolare, separare senza coprire; un gioco di tende e veli che permette l’utilizzo di uno spazio dinamico nel quale gli elementi di arredo si inseriscono e si compongono dando forma alle scene. L’ambiente è privo di connotazione storica e in questo contesto spaziale si muovono i personaggi con costumi che invece alludono o appartengono a uno stile e a un’epoca. Le interpreti, tutte donne, mantengono il loro genere anche nell’abito, e i ruoli sono caratterizzati dai colori e dalle fogge degli accessori”.