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La ragazza afghana alla mostra di Steve McCurry Icons agli Arsenali Repubblicani di Pisa

Steve McCurry non ha bisogno di presentazioni. La mostra Steve McCurry. Icons che rimarrà agli Arsenali Repubblicani di Pisa fino al 7 aprile (a cura di Biba Giacchetti, organizzata da ARTIKA in collaborazione con Sudest57 e con il Comune di Pisa) riunisce oltre 90 sue Icons, opere che hanno fatto della fotografia costume, oltre che testimonianza dei tempi. Sono frutto di una precisa visione dell’artista, il quale afferma “La maggior parte delle mie foto è radicata nella gente. Cerco il momento in cui si affaccia l’anima più genuina, in cui l’esperienza s’imprime sul volto di una persona. Cerco di trasmettere ciò che può essere una persona colta in un contesto più ampio che potremmo chiamare la condizione umana”.

La fotografia più celebre di Steve McCurry rappresenta l’immortale immagine della ragazza afghana. L’istantanea venne stata scattata in Pakistan, vicino Peshawar, precisamente dentro un campo profughi. Pubblicata nel giugno del 1985, la ragazza afghana è stata il volto di molte campagne di solidarietà, promosse, ad esempio, da Amnesty International. La fotografia che Steve McCurry scattò alla giovane ragazza, molti anni prima di conoscere il suo nome, è diventata simbolo della tragedia dell’Afghanistan e della dignità con cui il suo popolo ha affrontato la guerra e l’esilio. Un’immagine catturata in uno dei luoghi più inospitali della terra, ovvero uno spazio per i rifugiati. Rappresentando questo luogo di dolore, McCurry ha inteso sensibilizzare i lettori nei confronti delle atrocità che vi si commettono e delle condizioni precarie in cui versa una parte dell’umanità.

La fotografia ha una genesi quasi casuale: un giorno, passeggiando per il campo Nasir Bagh, McCurry sentì delle giovani voci provenire da una tenda adibita a scuola e si avvicinò chiedendo all’insegnante il permesso di immortalare con la sua macchina fotografica la lezione in corso. Ottenuto il permesso, il fotografo venne subito colpito dagli occhi magnetici di un’allieva che rimaneva un po’ defilata. “Mi accorsi subito di quella ragazzina. Aveva un’espressione intensa, tormentata e uno sguardo incredibilmente penetrante – eppure aveva solo dodici anni. Siccome era molto timida, pensai che se avessi fotografato prima le sue compagne avrebbe acconsentito più facilmente a farsi riprendere, per non sentirsi meno importante delle altre”. L’immagine, seppur concepita e realizzata in pochi secondi, risulta perfetta e rivela immediatamente la capacità di McCurry di stabilire un intenso, seppur effimero, rapporto con i propri soggetti.

“La mostra di McCurry agli Arsenali Repubblicani – commenta l’assessore alla cultura del Comune di Pisa Filippo Bedini – non è solo una esposizione di fotografie, ma un vero e proprio percorso nella storia degli anni tra il 1980 e i primi anni 2000 e una meravigliosa occasione di approfondimento sui temi più importanti della geopolitica di quest’epoca. Sharbat Gula, la ragazza del campo profughi di Peshawar in Pakistan ai tempi della terribile invasione sovietica dell’Afghanistan parla di una pagina devastante della storia mediorentale, un conflitto con conseguenze che arrivano fino ad oggi, ed è la punta dell’iceberg della produzione di McCurry. Non solo Afghanistan, infatti: il percorso, direi quasi il “corso” di geopolitica per immagini prosegue verso oriente nella coloratissima e squilibratissima India e in particolare nella contesissima e disastrata regione del Kashmir, in Tibet, dove il regime cinese ha portato morte e distruzione, nella Cambogia reduce dagli stermini di Pol Pot e dei Khmer Rossi. E ancora il Beluchistan, lo Sri Lanka, il Kuwait, l’Arabia Saudita, lo Yemen, l’Etiopia, il Mali e tante altre terre martoriate da conflitti dei quali oggi si sa poco, e forse all’epoca degli scatti ancora meno. L’epoca era quella delle macchine fotografiche analogiche, dei rullini di pellicola che poteva essere sviluppata a volte anche dopo settimane. Un mondo diverso, oggi quasi inimmaginabile. Un mondo dove la fotografia non era cosa da tutti e in cui i selfie – fortunatamente – non esistevano.”

Dopo la pubblicazione della foto sulla copertina del National Geographic, McCurry ci racconta di come successe il finimondo in redazione. “Sono stati sommersi dalle lettere. Tutti volevano sapere chi era, aiutarla, mandare soldi, adottarla, uno la voleva persino sposare.” La ragazza, di nome Sharbat Gula, rimase sconosciuta per oltre 15 anni dalla pubblicazione dello scatto sulla rivista, finché il fotografo non riuscì a ritrovarla. Partito per una spedizione con una squadra del National Geographic, nel 2002 giunse in Pakistan. Il campo profughi di Peshawar stava per essere demolito, McCurry aveva un’ultima possibilità di rivedere la ragazza. Iniziò la ricerca mostrando la sua foto ad alcuni anziani del campo e, una volta sparsa la voce, diverse donne arrivarono affermando di essere la bambina del ritratto. Dopo alcuni giorni andati a vuoto la spedizione stava per prendere la via del ritorno, finché l’arrivo di uomo stravolse i piani. Quest’ultimo assicurava che Sharbat era viva, si era sposata ma era tornata da diversi anni in Afghanistan. Così, dopo un lungo e pericoloso viaggio, McCurry tornò nel paese ancora in guerra e rivide la ragazza con la stessa carica emotiva con cui l’aveva lasciata. “La sua pelle è segnata, ora ci sono le rughe, ma lei è esattamente così straordinaria come lo era tanti anni fa” disse in un’intervista al The Guardian “Le spiegai che la sua immagine aveva commosso moltissime persone, ma non sono sicuro che la fotografia o il potere della sua immagine significassero davvero qualcosa per lei o che fosse in grado di capirli fino in fondo”. Nonostante l’aspetto di Sharbat fosse completamente mutato, anche a causa delle dure prove che la vita in guerra le aveva riservato, i suoi occhi continuavano a trasmettere tutta la forza interiore del soggetto. Steve McCurry fu molto riconoscente alla donna che gli aveva donato fama internazionale. Egli, infatti, contribuì ad aiutarla in molti modi, ad esempio fornendo a lei e al marito i mezzi per effettuare il pellegrinaggio alla Mecca. “Era il sogno più importante della loro vita e senza quella foto non si sarebbe mai realizzato. È stato bello poterle rendere almeno in parte ciò che le dovevo”.

INFORMAZIONI tel: 351 809 9706email: mostre@artika.itweb: www.artika.it

ORARI DI APERTURA dal mercoledì al venerdì: 10 – 13 e 14 – 19;sabato e domenica: 10 – 19;Pasqua e Pasquetta: 10 – 19(biglietteria chiude 30 min. prima)

BIGLIETTERIA

biglietto open: € 16,00

intero: € 14,00;

ridotto*: € 12,00 (studenti 18-26 anni, soci Feltrinelli, soci Fai, soci Fiaf, gruppi min. 10 persone);

biglietto famiglia: € 12,00 cad. genitori + € 10,00 cad. under 18 (minimo 1 adulto e 1 minorenne);

​ridotto disabili: € 10,00;

biglietto scuole: € 7,00 (cad.) min. 10 – max. 25 studenti a gruppo + 2 gratuità per insegnanti accompagnatori (fino al grado di scuola superiore);

biglietto cortesia: € 2,00 accompagnatori di persone diversamente abili e studenti con disabilità in gruppo scolastico;

gratuito: under 6, giornalisti con tesserino previa registrazione in biglietteria, guide turistiche con tesserino, insegnanti accompagnatori di classi