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Trebbiatura agli sgoccioli: cala la produzione a Pisa e Livorno, ma la qualità è altissima

Produzione in calo ma di ottima qualità per i grani delle province di Pisa e Livorno. I primi dati sulla campagna 2020 parlano di un deciso miglioramento del prezzo corrisposto agli agricoltori, e di un raccolto in calo del 20%, in linea con l’andamento nazionale, ma di qualità superiore alla media.

L’ANDAMENTO Con la trebbiatura agli sgoccioli è ormai possibile un bilancio provvisorio dell’annata. Lo fornisce Tiziano Busti, vice presidente del Consorzio Agrario del Tirreno e imprenditore agricolo: «Le province Pisa e Livorno presentano situazioni differenti con alcuni elementi in comune. Sui cereali il calo è del 20% circa, con i dati in controtendenza per avena e orzo, che sono andati leggermente meglio, e per le paglie, come il fieno, che però pagano lo scotto di un mercato sottocosto di produzione». Per quanto riguarda i frumenti: «Nella zona della Val di Cornia la produzione si attesta sui 30 quintali per ettaro. In collina, nelle zone di Volterra e in Alta Val di Cecina, va leggermente meglio, con medie anche di 40 quintali, penalizzate – in alcuni casi – dalla presenza dei cinghiali, ormai radicati anche lontano dalle zone boschive, che hanno creato qualche danno. Poi ci sono i casi particolari che quest’anno registrano numeri significativi, come Venturina, dove ci sono state rese fino a 60/70 quintali per ettaro. Crolla invece a 20, e in alcuni casi 15 quintali per ettaro la produzione nella zona di Pomarance, dove la siccità di marzo e aprile ha compromesso in particolare il grano duro, e dove le piogge di giugno hanno invece favorito le piante infestanti nelle piantagioni biologiche, con difficoltà anche per i raccolti».

LA QUALITÀ  Si coltiva meno, a causa di vari fattori, tra cui gli sbalzi del mercato, la diversificazione delle colture e i cambiamenti climatici; d’altra parte la qualità del raccolto quest’anno è decisamente migliore. I parametri principali sono il peso specifico e i valori proteici: «Un grano mediocre – spiega Busti – ha un peso specifico al di sotto dei 76 kg/hl; la qualità è buona se supera gli 80 ed è ottima sopra gli 85. Nelle nostre province si sono registrati anche questi risultati e la media è rimasta sopra gli 82 Kg/hl. Per quanto riguarda i valori nutrizionali – aggiunge Busti – un grano con il 13% circa di contenuto proteico è considerato discreto. Quest’anno le produzioni locali hanno raggiunto il 14, 16 e in alcuni casi il 17% di contenuto proteico e possono dirsi quindi eccellenti».

I PREZZI Se l’anno scorso è stato un dramma per la produzione locale, con una produzione sottopagata 20 euro al quintale, quest’anno la forbice è fra i 26 e i 28 euro al quintale. Le stime di rese in calo per la nuova campagna hanno contribuito all’aumento delle quotazioni per il grano duro, a fronte di un mercato più esigente e di consumatori più attenti. Si acquistano più paste e farine di origine nostrana e le aziende di trasformazioni sono più orientate alla creazione di linee di prodotti italiani al 100%. «Cominciano ad arrivare i primi frutti della lunga battaglia per la tracciabilità e il valore dell’origine – commenta il presidente di Coldiretti Pisa Fabrizio Filippi –  ma bisogna insistere nel tracciare le filiere per mettere al riparo l’agricoltore da sorprese speculative. Chi ha siglato contratti di filiera predeterminati soffre meno delle oscillazioni del mercato, ma spesso questo non vale per i piccoli produttori – presenti in gran quantità nel nostro territorio – che pure, come vediamo, creano prodotti di alta qualità. Remunerare correttamente il produttore, oltre ad essere giusto è anche una garanzia per il consumatore».

GLI ETTARI PERSI L’altro fronte che merita attenzione è la diminuzione degli ettari coltivati: nel 2019 la provincia di Pisa ha perso oltre 300 ettari dedicati al frumento, sia tenero che duro, mentre quella di Livorno ne ha persi 20 (Dati Istat/Agricoltura). «Il calo della superficie dedicata al grano è purtroppo una tendenza – commenta Filippi – non solo delle nostre province ma dell’intero territorio nazionale. Un campo su 5 è scomparso negli ultimi 10 anni e invertire la rotta di fronte all’aumento delle esportazioni e agli stessi cambiamenti climatici, che rendono difficile qualsiasi previsione, è complicato. L’aumento dei prezzi indica un riconoscimento del valore di quanto è stato prodotto – conclude Filippi – e auspichiamo che su questo non vengano fatti passi indietro, in particolare dai mulini e dai grandi pastifici, per non disperdere quanto fatto e continuare a valorizzare un’eccellenza italiana».